Chi mi conosce sa che io non sono una che ama fare i bilanci, perché sento sempre una vocina che mi dice che qualcosa potevo farla meglio, l’ho sbagliata e comunque, dai, sono sempre indietro rispetto a qualcuno/qualcosa. Nel migliore dei paradossi, però, se c’è una cosa che può servire a concentrarmi meno su quella vocina sono proprio i bilanci. Capire cosa ho fatto, cosa ha portato e soprattutto perché ho fatto alcune scelte, magari proprio per non farle più.
Certo, farsi questo tipo di domande e tirare somme mentre stiamo per finire un secondo anno di pandemia causata da un virus che continua a mutare e mettere in crisi ogni equilibrio a livello globale, forse richiederebbe un po’ di indulgenza o – quantomeno – considerare che i parametri e le aspettative che abbiamo costruito nel tempo, sarebbe bene accantonarli. Ho provato a mettercela, questa indulgenza e mi sono seduta a chiedermi cosa mi voglio portare via di questo (per me) infinito 2021 e cosa, invece, lasciare indietro, nel business e nella vita personale.
Prendo e porto come me: best of 2021
Tra le cose e gli atteggiamenti che ho inquadrato e rafforzato in quest’anno, di certo ci sono queste voci che ti elenco.
Un brand più forte
A ottobre 2021 sono andata online con il sito nuovo, la mia identità visiva rivista e un bel pacchetto di servizi rinnovati. Che sono la punta dell’iceberg di un brand, il mio brand, che sta diventando più forte. Come già ho raccontato, è stato il risultato di un anno di lavoro in cui mi sono fatta tutte quelle domande che cercavo di evitare per paura delle risposte. Domande che definivano me come professionista e, quindi, anche come persona, e le cui risposte erano ciò che avrei voluto mettere sul piatto. Lavorare molto sul mio lato professionale è stato anche un modo per trovarmi e, più di tutto, riconoscermi. E non parlo di Narciso che si specchia e si compiace della sua immagine, piuttosto di un profondo senso di familiarità con la mia professione e il modo in cui la voglio portare avanti, che include anche star fuori dai salotti e dalle frequentazioni “che contano” solo perché “contano”, ma dentro le storie e le esigenze di ogni persona che lavora con me. E poi, in termini prettamente di business, il risultato è che mi arrivano richieste più in linea con ciò che posso e voglio fare, anche di un calibro che non avrei pensato alla mia portata. Il che mi spaventa ma fa anche mutare il tono di quel “te l’avevo detto” della famosa vocina di cui parlavo poco sopra.
Stare, sentire, dire sì
A inizio anno avevo scelto la parola coraggio come guida, parola dell’anno. Me l’ero stampigliata con timbri e inchiostro su un foglio appeso di fronte ai miei occhi in studio e me la guardavo ogni volta che pensavo che no, non ce l’avrei fatta. A scegliere, a dire no, a convincere il cliente della bontà di una soluzione anche se diversa a ciò che si era immaginato. Dare spazio al coraggio ha messo a dura prova molti degli argini che io stessa avevo costruito per ripararmi da un non ben identificato tsunami che chissà, poi, quando doveva arrivare. Ed è lo stesso coraggio che mi è servito per lasciare andare clienti con cui non ci sarebbe stato terreno per un buon lavoro, con cui mi sono permessa di stare, darmi tempo di capire e sentire il perché certi tipi di relazioni nel lavoro mi davano il mal di stomaco. Questa parolina mi ha ricordato che a fare ci vuole molto meno coraggio che a stare.
La complessità
Ormai credo di averlo detto fin troppe volte, ma continuerò a ripeterlo: viviamo in un mondo fin troppo complesso e globalizzato per poter solo sperare che schivare la complessità sia la soluzione per vivere meglio. Con questo intendo dire che è tutto difficile? Non proprio, piuttosto che ogni azione, nel business e nella vita personale, contiene una serie di implicazioni che le danno complessità. Che pensare alle diverse attività del nostro business come compartimenti stagni e non parte di un più ampio e complesso ecosistema è un modo veloce di fallire. Che cercare sempre e solo il lato intellegibile e immediato delle cose è comprensibile ma esclude molto altro. La complessità è parte del mio lavoro quando mi chiedono di scrivere dei blog post, delle schede prodotto per un e-commerce, di trovare la personalità di un brand e dargli una voce. La SEO del blog senza un contesto ben chiaro è fine a se stessa, la descrizione di un prodotto ben scritta se non rispetta un tono di voce e un posizionamento sul mercato è solo esercizio di stile, un brand ben strutturato nella sua personalità fa flop se non la esprime in tutto ciò che fa, dall’offerta al customer care. Ecco cosa mi voglio portare dietro: la gioia di riuscire a decifrare una complessità, gestirla in modo adeguato senza, però, combatterla e senza pensare di poterla dominare. Ed è ciò che vorrei riuscire a trasmettere sempre più nel nuovo anno.
Lascio e vorrei scordare: worst of 2021
Ci sono anche molti atteggiamenti e situazioni che non vorrei rivivere e metterli nero su bianco mi aiuta a ternere il punto. E sono certa di non essere l’unica a volersi lasciare queste cose alle spalle.
La fretta, l’ansia, la mancanza di pazienza
Mai come quest’anno ho sperimentato una fretta e un’ansia smisurate intorno a me. Quindi fin dentro le mie ossa, perché non sono fatta di materiale impermeabile, anche se talvolta mi piacerebbe. Clienti e prospect con la massima urgenza di far tutto e subito. Credo che la situazione a cui ci ha costretto la pandemia da Covid-19 negli ultimi anni abbia come sollecitato tantissime persone a recuperare un tempo perso, quello dei vari lockdown. O almeno, questa è la spiegazione che mi sono data io, ma poi chissà.
Ho sperimentato una fatica indicibile a fronteggiare l’atteggiamento di molte persone con cui ho lavorato e il risultato è che a fine anno mi sto fermando giusto un passo prima del burnout, non so se per pura fortuna o perché sono riuscita a decifrare il pericolo prima che mi divorasse. Fatto sta che a dicembre, stanca come alla fine di questo 2021 non ricordo di esserci arrivata mai. Vorrei che chi si rivolge a figure come la mia, capisse che sta chiedendo un lavoro artigianale: accurato, su misura e tarato sulle esigenze e le risorse della committenza. Non è un lavoro erogato da un robot, non è un corso preconfezionato e che si può avere on demand in ogni momento, e soprattutto – incredibile a dirsi, eh? – non è un lavoro con cui si salvano vite. Credo che le priorità vadano ristabilite e su questo terrò il punto fino alla fine, il resto lo lascio volentieri nel 2021.
Le aspettative altrui
A scanso di equivoci, lo premetto: questo riguarda il business e anche la vita personale. Non ne posso più delle aspettative altrui che diventano miasmi tossici quando non soddisfatte. Nel 2021 è come se le aspettative da parte delle persone intorno a me fossero diventate enormi corpaccioni dai quali sembrava diventato impossibile scappare. Un esempio su tutti, senza riferimenti specifici, ma che spiega situazioni abbastanza comuni: clienti che si aspettano che il lavoro che faccio io possa cambiare il loro business con un apporto minimo da parte loro: mi dispiace, ma per i miracoli mi sa che non mi sono ancora attrezzata. Citofonare Lourdes.
A parte qualsiasi battuta, potrei estendere il discorso sulle aspettative a tutte quelle persone che tarano sui propri parametri qualsiasi azione o pensiero fatto da altre persone e, se non rientra perfettamente dentro il loro schema mentale, cala la scure. Senza preoccuparsi mai di chiedere, loro sanno già tutto di te e soprattutto di cosa dovresti fare per compiacere ciò che loro si aspettano. So che questo tipo di persone sono nelle vite personali e lavorative di chiunque, perciò vorrei che riuscissimo a lasciare a terra ciò che si aspettano da noi, perché (spoiler): non è quasi mai ciò che serve a noi per star bene. Lascerei tutto nel 2021, se siete d’accordo.
Polarizzare e banalizzare
Anche la situazione pandemica ci ha mostrato come siamo a un livello di discorso da scuole primarie: sì-vax e no-vax, sì-green pass e no-green pass, giusto per citare alcune delle polarizzazioni più quotate dell’ultimo periodo. Non so voi, ma io ho silenziato tv, trend topic di Twitter e molti altri canali che campano di questo genere di polemiche asfissianti.
Io per lavoro mi occupo anche di semplificare il linguaggio, la sintassi, i discorsi. Semplificare è ben diverso dal banalizzare e depauperare di senso. Anzi, è proprio tutto il contrario!
Ho l’impressione sempre più netta che l’esigenza di immediatezza dell’online sia stata trasferita al nostro modo di pensare e interagire. Avere un’opinione su tutto e dirla in fretta perché sennò non siamo più sul pezzo, credo sia una delle sciagure più grandi che abbiamo inventato. Banalizzare qualsiasi argomento per poterci costruire un personaggio che in un post di Instagram o un reel da 30 secondi può infilarci tutte le cose che servono a intrattenere le persone, sta sgretolando la nostra capacità di definirci esseri dotati di intelletto. Polarizzare qualsiasi argomento in un infinito loop tra chi ha ragione e chi torto è una dinamica che mi sta tenendo sempre più lontana da molte delle piattaforme web e social. Sicuramente farà arrivare piogge di cuoricini e condivisioni e purtroppo pare che questo sia ancora un parametro che assegna valore a chi crea un certo tipo di contenuti. Ecco, io vorrei lasciare tutto questo nel 2021 e coltivare con sempre più passione un atteggiamento che mi aiuti a semplificare senza banalizzare o polarizzare. Vedi mai che un giorno sarà questo a fare i big like?
Il resto della mia lista è più intima e privata, non me ne vogliate se me la tengo per me.
Tutto questo che ho scritto, invece, è ciò che vorrei trovasse sempre più spazio o scomparisse dal mio lavoro. Un modo sempre più gentile e accurato di concepire la mia professione, le relazioni con chi sceglie di lavorare con me, un tempo più lento e di qualità molto più alta. Vorrei aiutare sempre più brand a essere consapevoli, sempre più siti web a esprimere in modo chiaro gli obiettivi e soddisfare i bisogni di chi li legge, sempre più freelance e brand a creare contenuti di valore per il proprio target, sempre più e-commerce a essere ambienti chiari, usabili e confortevoli per chi acquista, e dare un sostegno efficace e strategico a chi ne ha bisogno con una consulenza.
Questo è ciò che mi rende felice. Il resto può stare nel 2021.
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