Brand, branding, brand identity e strategy: facciamo chiarezza

da | Set 4, 2023 | Branding, Strategia | 0 commenti

Il brand, oggi, è sulla bocca di tutti.
Se fino a qualche tempo fa le buzz word erano social o marketing strategy, oggi chiunque usa il termine brand e, come è ovvio che sia, non sempre con la giusta accezione. A cascata, ovviamente, succede lo stesso per i concetti e le pratiche che derivano dal brand: branding, brand identity e brand strategy tra tutti. Il punto, però, non è sapere la definizione ma mettere in pratica alcuni processi e approcci: per farlo, l’unico modo è sapere cosa sono e a cosa servono. Vale soprattutto per piccole attività, solopreneur e microimprese, che magari non hanno ancora usato un approccio legato agli strumenti del brand, ma che oggi sul mercato è vitale. Come fare a sapere chi può essere di supporto in tal senso? 

Provo a fare un po’ di chiarezza su cosa sono e sul perché servono anche alle piccole realtà. 

 

Brand, cos’è e a cosa serve

Di definizioni di brand ne leggerai tante, perché esistono più approcci da parte di figure esperte e autorevoli a livello internazionale. Esistono modelli e teorie, che portano comunque tutte verso una risposta simile. Ciò a cui dobbiamo puntare è conquistare un posto nel cuore delle persone: questa è la porta per la loro fiducia e, possibilmente, per l’acquisto di ciò che noi offriamo. Ricordati questo ultimo passaggio, perché è importante e lo capiamo a breve.

Letteralmente possiamo dire che brand = marca, che infatti è come spesso lo chiamiamo anche in italiano.
Per molto tempo il brand è stato identificato con alcuni dei suoi elementi esteriori, soprattutto a livello visivo e grafico. Logo, palette colore, stile grafico, font e payoff, in genere, venivano ritenuti il brand. Posto che questa concezione era limitante anche prima, di certo oggi è fuori dalla contemporaneità: l’identità visiva di una attività, di un progetto, di un’azienda, altro non è che l’espressione estetica e grafica di un’identità, di una personalità, non certo il brand per intero. L’incontro tra questa identità e la propria nicchia è dove il brand prende forma.

Il brand è l’insieme dei valori che unisce te azienda, professionista, attività, con le persone che hanno bisogno di ciò che fai. È quella visione condivisa, quel senso di appartenenza che le persone hanno verso ciò che la tua marca propone e che, a sua volta, si sente di appartenere a una visione più grande.
Ciò che possiamo considera un brand, oggi, è soprattutto l’esperienza che le persone fanno di una marca, la percezione che ne hanno, l’interesse che dimostrano: in poche parole, è la relazione che si instaura tra la marca e le sue persone. Quel senso di fiducia e appartenenza che le persone sentono nei confronti di una marca, non tanto per prodotti o servizi che vende, ma per come li fa sentire la storia che la marca racconta e i valori che promuove. Un esempio? Le persone acquistano Nike grazie alle storie di Michael Jordan, Serena Williams, Colin Kaepernick e ciò che rappresentano, prima ancora che per la qualità delle scarpe o delle tute. 

Il brand, poi, per essere riconoscibile, autentico e coerente, ha necessità di un’identità visiva e verbale. A questo serve lavorare sul logo, sul naming, e così via, ma è una conseguenza del lavoro sul brand più profondo, non il punto di partenza. Avere un brand, crescere un brand, serve perché le persone riconoscano la marca in ogni momento e possano sentire le sensazioni che suscita in loro, per sceglierla (o non sceglierla).

Per mantenere il brand virtuoso nel tempo, si fanno una serie di azioni che possiamo definire di branding, cioè di costruzione dell’immagine della marca. 

Branding, un processo

Con branding possiamo indicare tutte quelle azioni che servono a creare, crescere e coltivare una marca nel tempo. Parliamo di azioni che rientrano nel più ampio campo del marketing, e serve soprattutto per mantenere l’immagine del brand coerente nel tempo, per differenziare il brand dai competitor con diverse strategie, incentivare le persone a scegliere la marca e rinsaldare la relazione già esistente con chi è già cliente. Il branding serve a proteggere la reputazione della marca: nell’epoca dell’economia reputazionale, direi che è un investimento sensato. 
Il branding serve a far sì che il brand sia sempre in contatto col proprio pubblico in ogni luogo fisico e digitale in cui è presente, dalla comunicazione alla vendita, dal customer care alla distribuzione.
È un processo, quindi, che concepisce e monitora le azioni e la presenza di una marca sul mercato e in relazione alle proprie persone. Grazie al branding, una marca sceglie di fare delle azioni che siano:

  • coerenti rispetto ai propri valori,
  • conformi rispetto alla percezione che ne hanno le persone, 
  • che facciano nascere nuove relazioni con potenziali clienti o rinsaldare quella già esistente con la propria nicchia fino a quel momento. 

Qualche esempio di azioni fatte secondo i principi del branding:

  • prendere una posizione su un fatto di cronaca o che riguarda la società, 
  • scegliere una materia prima al posto di un’altra, perché più coerente con le esigenze del pubblico e con il mondo valoriale della marca, 
  • decidere di vendere su un canale e non su un altro, perché più etico o funzionale, 
  • organizzare eventi sul territorio che coinvolgano persone e realtà specifiche con le quali la marca vuole conversare. 

 

Queste sono solo alcune delle molte scelte che un’attività può fare, che servono soprattutto a una cosa: posizionamento. Fare sì che una marca venga percepita nella mente delle persone come la migliore, la più affidabile, la prima scelta per un dato motivo. Motivo che, oltretutto, non è detto sia legato al prodotto o servizio che quella marca propone sul mercato. 

Vediamo un esempio, stavolta su un’attività locale: hai una bottega di scarpe artigianali che fai tu secondo la tradizione che hai imparato dalla tua famiglia e che perfezioni e innovi costantemente. Una cosa che ti sta a cuore è il rispetto delle materie prime, dell’ambiente e la crescita sostenibile. Se lavori sul tuo brand – perciò sui valori, sul perché che ti spinge a fare questa professione, su come vuoi lasciare il tuo segno nel mondo – per comunicarlo e saldare la relazione con le persone, puoi fare degli eventi. Eventi pubblici, magari nel tuo stesso laboratorio, in cui insegni come riparare o smacchiare una scarpa con metodi fai da te ma efficaci, non aggressivi o inquinanti. Non stai vendendo, non stai proponendo sconti e offerte con tecniche di marketing strategico, non stai chiedendo nulla alle persone, anzi: stai dando loro un modo per risparmiare ed essere più sostenibili. E la chiave sta qui: la relazione di fiducia che le persone instaurano con te grazie a questi piccoli eventi è quella che ti posiziona nella loro mente. 

Questo è un esempio di cosa voglia dire mettere in pratica un processo di branding, di costruzione di una marca in modo strategico, nel tempo.

Brand identity, molto più della grafica

Letteralmente identità di marca, cioè tutti quegli elementi che rendono un brand riconoscibile. Con brand identity pensiamo soprattutto agli elementi visivi, ma anche qui non è esaustivo pensare che l’identità di una marca passi solo dal suo logo o dai colori della sua palette. È come dire che l’identità di una persona passa solo per i capelli e il suo modo di vestire: un po’ poco, o quantomeno superficiale.

Nell’era del marketing human to human, infatti, dobbiamo pensare anche le marche come qualcosa di più sfaccettato, come entità con una personalità. Se sei un personal brand, probabilmente, sarà più facile esprimerla e farla percepire, se hai invece un’attività che eroga servizi o magari una società, se vendi prodotti o uno studio professionale, il lavoro da fare sull’identità è un po’ più strutturato e non si esaurirà in un bel logo. 

L’identità è anche il nome, il payoff, ogni elemento che rende una marca riconoscibile e che suscita sensazioni, evoca un immaginario ben preciso. Dal verde acqua di Tiffany (ormai chiamato color Tiffany!) che evoca lusso, esclusività, uno scenario metropolitano e romantico, per arrivare alla bottega di scarpe di cui parlavamo prima, che sicuramente tramite un suo elemento evoca nelle persone del territorio affidabilità, competenza, sostenibilità e così via.

Le persone cercano aspirazioni e appartenenza tanto nei grandi brand globali quanto in quelli piccoli e territoriali. Ecco perché lavorare con gli strumenti del branding non è affatto solo una cosa da grandi realtà. Al contrario, le grandi realtà sono diventate tali anche grazie al branding. 

Brand strategy, un piano duraturo di sviluppo

Ho lasciato questa definizione per ultima, perché è ciò che unisce i puntini. Per mettere assieme tutti questi pezzi e farli funzionare, serve una strategia di medio-lungo periodo. Ecco cosa intendiamo per brand strategy: un piano che preveda tappe e azioni utili a sviluppare un brand nel tempo. Cioè una strategia!
Una brand strategy include diversi aspetti e varia molto sulla base dei settori, dei mercati, delle esigenze, del budget. Insomma, per funzionare deve essere calibrata su misura, ma per fare degli esempi possiamo dire che:

  • lavora sull’offerta, perché sia coerente con l’impianto valoriale del brand, 
  • studia modalità ed eventi per farsi conoscere da un pubblico in target più ampio, 
  • cura il customer care e analizza anche tramite questo i bisogni delle persone che già sono clienti, per migliorare ciò che fa e saldare la relazione con loro, 
  • crea le condizioni per raggiungere gli obiettivi di fatturato previsti dal piano di business, 
  • si cura che la marca sia nota alle persone per un determinato posizionamento, quindi lavora sull’awareness, 
  • trova modi più e meno creativi per distinguere il brand sul suo mercato, facendolo anche rimanere fedele a se stesso. 

Lavorare sul brand è qualcosa alla portata di ogni attività.
Lo sottolineo perché spesso pensiamo che questo genere di approccio possa essere solo appannaggio di grandi gruppi aziendali, di corporate e colossi con anni e anni di storia. Non solo non è così, le piccole realtà hanno anzi molto più spazio di manovra e possono essere molto creative per farsi conoscere. Un contatto diretto col pubblico, che sarà più ristretto, favorisce anche una maggiore conoscenza dei bisogni di quelle persone: questo aiuta a livello di business a poter proporre sul mercato qualcosa che alle persone realmente serve. E spesso non è un oggetto in sé, ma ciò che quell’oggetto rappresenta. Non è un servizio ma ciò che quel servizio può aiutare a fare, a essere.

Qui sta tutta la potenza del brand: farsi conoscere e riconoscere per un aspetto umano, che parla alle persone e le fa sentire comprese e parte di qualcosa; serve a creare un legame che va oltre un prodotto o servizio, ma che lavora sulla relazione e sulla fiducia. può sembrare più faticoso, impegnativo, ma ciò che genera è più forte e longevo di tutto. 

 

E tu hai già un brand? Vuoi lavorarci? 
Lavoro con solopreneur e piccole realtà per farle crescere, con consulenze mirate sulla personalità di marca, con una comunicazione creativa e strategica che renda i loro messaggi efficaci per il proprio pubblico, e con un nuovo percorso per piccolissime realtà che sta per essere lanciato. Vuoi saperne di più? Iscriviti alla newsletter per tutti i dettagli in arrivo! 

Maria Elena Marras

Maria Elena Marras

Branding & Copywriting

Sono Maria Elena, mi prendo cura del tuo brand con strategia, contenuti e parole.
Con branding e copywriting aiuto le realtà medie, piccole e piccolissime a dichiarare al mondo chi sono, cosa fanno e, soprattutto, come lo fanno.

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