Qualche tempo fa una potenziale cliente che mi chiedeva informazioni su una consulenza, mi ha chiesto:
ma devo lavorare prima sul target o prima creare un brand?
La domanda è malposta, per citare uno dei personaggi più celebri del mio attore comico preferito.¹
Ironie a parte, ti rassicuro: domande come questa fanno parte di dubbi del tutto legittimi per chi non fa un mestiere come il mio, sennò non ci sarebbe bisogno di consulenze, mentoring e strategie.
Con questo post, cerco di spiegarti cosa c’è che non va in questa domanda e, più di tutto, cerco di dare una risposta.
Il brand: chi sei e come ti relazioni
Credo che un primo equivoco nasca perché il brand spesso viene percepito solo come l’estetica di un progetto, di un’azienda.
In realtà la parte grafica, visiva perciò più puramente estetica è fatta di logo, palette colore, font, stile grafico e così via. Questi elementi sono una parte dell’identità di una marca, la cosiddetta brand identity, che comprende anche linguaggio, stile nel parlato e nello scritto, nome del progetto o dei prodotti e servizi, payoff e altri elementi verbali.
Insomma, un insieme un po’ più complesso.
Non c’è brand senza analisi e strategia
Ora, nel caso di un personal brand l’identità sarà difficilmente modificabile rispetto a quella della persona che svolge la professione.
Nel caso di un brand di prodotto, di servizi, l’identità può essere costruita con meno implicazioni personali.
In entrambi i casi, però, ci sarà un processo di analisi, strategia e creatività che farà emergere l’identità nella sua completezza e questo sarà funzionale al target.
Cosa voglio dire?
Voglio dire che lo studio di un brand dovrebbe sempre essere funzionale a intercettare un target, cioè delle persone. L’uso del colore, di un font o di un nome per un servizio sono certamente parte di un’identità, perciò emanazione di caratteristiche interne di unə professionista o di un progetto. Ma la scelta di come veicolare l’identità deve anche essere strategica perché sia interessante e rilevante per le persone che quel brand vuole raggiungere.
Target: le persone a cui parli
Il target, letteralmente obiettivo, è un termine che a me non piace molto ma è funzionale a farmi capire. Preferisco parlare di persone, perché ci ricorda che un target non è qualcosa di astratto né una pila di dati, ma un insieme di persone che condividono caratteristiche, emozioni, necessità, aspirazioni e molto altro. Quindi, quando uso il termine target ti chiedo di ricordarti che parliamo di persone.
Forse ciò che ho appena detto ti fa capire già quanto sia impossibile separare un lavoro sul target a cui un’attività si rivolge e il progetto stesso.
Come detto prima, il modo in cui presenti il tuo progetto imprenditoriale non può prescindere dalle persone a cui è rivolto. Per questo, creare un brand anche se si trattasse “solo” di un logo, una palette colore o del nome di un servizio, rischia di non aver senso se non stiamo considerando a quale pubblico vogliamo rivolgerci.
Nuovi brand e start-up
Questo vale per un progetto in partenza, che non ha un pregresso e quindi può cominciare con uno studio e una profilazione di un pubblico desiderato. Può rilevare dati in diversi modi, per capire come incontrare le persone che vorrebbe come clienti.
Dove e come si incontrano, quindi, l’identità e la personalità della mia marca, del mio progetto, e le necessità delle persone a cui lo voglio proprorre?
La risposta a questa domanda è dove il brand prende forma.
Brand già esistenti
Se parliamo di un progetto che è già sul mercato da qualche tempo e vuole rinnovarsi, magari lavorando maggiormente su una serie di aspetti anche estetici e comunicativi, vale lo stesso discorso e c’è un vantaggio: se esiste già un pubblico di clienti, sono uno scrigno di dati importantissimi da considerare.
Su di loro, infatti, può essere fatta una cosiddetta analisi del target, cioè un’analisi quantitativa e qualitativa che può aiutare moltissimo a migliorare la presenza del brand sul mercato. Può dare moltissimi elementi utili su come le persone percepiscono il brand. Questi elementi possono servire a confermare la strada già intrapresa o, al contrario, capire che novità apportare per raggiungere un pubblico nuovo e con esigenze diverse. Studiare il target è funzionale a:
- modulare l’offerta,
- stabilire priorità di investimenti,
- trovare la propria chiave comunicativa,
e molto, molto altro.
Un brand senza un target non è un brand
Dovrebbe essere chiaro, quindi, che un brand non può esistere senza che sappia chi è il proprio target, le proprie persone.
Il brand ha il proprio cuore pulsante esattamente nella relazione che si instaura tra attività ( solopreneur, creativepreneur, azienda e qualsiasi progetto) e le persone alle quali risolve un bisogno.
Non possiamo, quindi, pensare di lavorare prima a creare il nostro brand anche solo nella sua manifestazione estetica e di stile, senza aver analizzato le necessità e i sogni delle persone a cui lo proponiamo.
Aggiungo anche che il target nel tempo cambia ed evolve, anche se resta lo stesso. Cambiano ed evolvono i desideri, le necessità, le aspirazioni. Analizzare periodicamente questi dati, parlare con le persone a cui ci rivolgiamo, capire cosa cambia e perché è un’attività da ripetere periodicamente. Non basta farlo una volta e poi mai più.
Se abbiamo detto che il brand è la relazione che nasce e si sviluppa tra ciò che offriamo (un prodotto, un servizio, un racconto, …) e le persone che ne fruiscono, va da sé che perché il brand resti forte e saldo questa relazione va coltivata. L’interesse verso le nostre persone deve essere una delle guide che lo muovono.
Se non riesci a individuare il tuo target, o magari stai ampliando il pubblico di persone a cui vuoi rivolgerti ma non riesci a fare chiarezza, ti invito a iscriverti alla newsletter. Ci sono novità in arrivo e te le racconterò presto!
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¹ Quelo, personaggio di Corrado Guzzanti
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